martedì 27 gennaio 2015

Il colore delle nuvole - Raffaella Sacchitelli

Un segnalibro per la memoria

Togli ad un uomo la dignità, la libertà, la vita stessa. Gli rimangono la speranza e l'amore. Non è affatto una storia comune. Parlare d'amore quando attorno c'è odio, pensare alla speranza su uno sfondo di distruzione.
Accade ne “Il colore delle nuvole” di Raffaella Sacchitelli. A settant'anni dall'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, decidiamo di parlare di una storia che si svolge qualche anno prima. Prima dell'olocausto e durante lo stesso. Una storia d'amore che si colloca in un contesto storico privo di ragioni sentimentali, umanamente indefinibile.
In questa storia Yosseph Poliakoff e Helen Hirsch si incontrano nel 1939, si innamorano perdutamente l'uno dell'altra, ma la loro storia dovrà incrociarsi e fare i conti con un'altra storia: quella del loro tempo e della loro terra, quella della guerra che diventa distruzione. Yosseph è ebreo, Helen è cristiana. A loro non importa, ma agli uomini che nel loro tempo invadono la Polonia si. Loro due non si vedranno più, ma la loro storia d'amore non finirà. Mai.
Yosseph, seppur deportato, scrive continuamente alla sua amata, non si separa mai da un taccuino che riempie di parole d'amore per lei. Solo una persona saprà coglierlo e, da lui e dalla storia di Yosseph e Helen, imparerà a conoscere l'amore, permettendogli di rimanere eterno.
Bianco è il cielo dell' infanzia, rosso quello della “stagione dell'amore”... grigio quello del 
crepuscolo dell'umanità! Il titolo ha uno significato preciso, rappresenta alla perfezione il 
senso dell'intera vicenda narrata. Attraverso il sapiente e, mai pretenzioso, uso delle 
parole, Raffaella Sacchitelli ci conduce lungo una storia d'amore che in qualche modo 
sopravvive ai campi di sterminio.
“Il colore delle nuvole” è un testo che si legge tutto d'un fiato, poco meno di sessanta pagine impregnate di una storia difficile da digerire, anche dopo settant'anni. Eppure, in questa stessa storia, diventano predominanti l'amore, la speranza e la vita. Alla paura della morte si sostituisce la paura di “smettere di vivere” e si lotta per mantenere tutto vivo, nonostante la guerra. L'unica ed invincibile arma è sempre la stessa: credere in qualcosa. Quel qualcosa che va oltre le religioni, oltre le discriminazioni e oltre la storia stessa. Sopravvive il valore più prezioso: la speranza.
Questo libro è bello perchè emoziona, perchè trasmette sentimenti positivi anche quando gli stessi vengono calpestati da ricordi terribili. E' quello che abbiamo sempre sostenuto: il grande potere della letteratura. Un libro può far comprendere cosa non immaginiamo neanche. Una storia, come quella di settant'anni fa, che non dovremmo smettere di conoscere e scoprire. Anche se non ci riguarda, se è lontana e non conosciamo nessuno che l'abbia vissuta. Perchè conoscere vuol dire crescere. Allo stesso tempo un libro può insegnarci l'amore, può trasmetterci la profondità di sentimenti che non credevamo possibili.
Qui una brutta storia e dei sentimenti stupendi si intrecciano, e allora la letteratura si manifesta in tutta la sua grandezza.
Primo Levi ha scritto:<L'Olocausto è una pagina da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria>. “Il colore delle nuvole” è non solo un invito al ricordo, è un'esortazione a soffermarci ed alzare lo sguardo verso il cielo. Quel cielo che, oggi più che mai, vince sul grigio e vive, attraverso i colori, i sogni e le passioni di chi non c'è più.

Titolo: Il colore delle nuvole
Autore: Raffaella Sacchitelli
Pagine: 56
Citazione preferita: "...E poi voltatevi ancora una volta a guardare le nuvole che camminano veloci e libere nel cielo, guardate il loro colore che muta eppure che resta: perchè noi saremo per sempre lì, Helen"

Buona lettura,
The Readers

martedì 20 gennaio 2015

A B C Di….Classico

Cari lettori,
partiamo dall’A B C e non a caso la terza lettera è l’iniziale di “Classico”. Nel primo post di questa sezione ho introdotto la possibilità di confrontarci, in questo spazio tutto nostro, sui classici, quei libri che ci vengono consigliati ma di cui spesso non riusciamo a cogliere l’importanza.
Quante volte vi sarete chiesti perché debbano leggersi per forza, a cosa servono? Immagino molte e forse è giunto il momento di fare un po’ di chiarezza, ma soprattutto di provare a chiedersi Perché non leggerli?
Nel cominciare non posso trascurare la definizione letterale del termine classico, come qualcosa che si erge a modello di un genere, di un gusto, di una materia artistica, a fondamento di una tradizione, con riferimento ai più importanti autori delle letterature moderne e alle loro opere. In realtà occorre sapere che questo termine, a noi molto familiare, comincia a entrare in uso nel ‘500 con la diffusione delle prime raccolte di testi “classici”, in quanto antichi, latini e greci. Da questo momento in poi si parlerà anche di classicismo, per indicare la tendenza ad assumere i grandi autori antichi come modelli formali da riprodurre. Esso diventa quindi un punto d’accordo tra passato e presente, poiché i nuovi artisti imitano e, casomai, rivisitano, cioè arricchiscono, quanto già prodotto dagli autori del passato.
Per un breve periodo, nell’Ottocento precisamente, classici, anche se avrebbero dovuto chiamarsi classicisti, saranno ritenuti proprio quelli scrittori fedeli alle regole e ai modelli letterari imposti dalla tradizione (gli autori che li avevano preceduti), contro gli innovatori, nel caso specifico, i romantici. Più tardi i classici saranno associati all’idea di canone, cioè di un insieme di autori, assunti a modello di un’epoca, individuati per porre ordine nella memoria, per riconoscere quei valori e quelle opere determinanti un preciso periodo, recente o meno recente. In parole più semplici, classici sono quei libri (nel nostro caso) che si ritiene costituiscano un tassello importante nella ricostruzione del panorama letterario - siano essi italiani o stranieri - poiché funzionali a comprenderne le caratteristiche principali. A scuola riusciamo a riconoscere il canone dei classici negli autori del passato più “gettonati” dai docenti e che occupano molto spazio all’interno delle pagine antologiche dei manuali. Anche gli insegnanti spesso si lasciano influenzare da ciò che il testo propone, andando puntualmente ad accentare quegli scritti principali, che hanno fatto, per così dire, “la storia”.
Detto ciò, si potrà comprendere come il numero di opere da ritenere fondamentali nella formazione di un individuo sia vasto, perciò impossibile da perlustrare nella sua interezza. Inoltre, se si guarda ai nostri attuali ritmi di vita e agli innumerevoli diversivi che riempiono le nostre giornate, si pone anche un altro problema: come riuscire a dedicare il proprio tempo a letture che scandiscono ritmi molto lunghi?
Allora cosa è bene fare? Selezionare, scegliere quei testi che entreranno a far parte della nostra collana di classici. In fondo, siamo noi a decidere quali libri siano più importanti per noi, a seconda di quello che ci hanno trasmesso, che ci hanno lasciato, quindi al di là dei confini temporali. Ed è indubbio che la scuola faccia il suo in questo: è qui che apprendiamo gli strumenti utili per esercitare le nostre scelte, soprattutto quelle che avvengono al di fuori di essa, quando nessuno ci dice più cosa e quando leggere.
Sull’affannosa questione si è interrogato anche Italo Calvino, cimentandosi in una raccolta di saggi, pubblicata nel 1991, dal titolo Perché leggere i classici. Nel saggio che conferisce il nome all’opera lo scrittore chiarisce, attraverso una serie di definizioni, il concetto di classico e l’importanza che può avere una sua lettura o “rilettura”.
È proprio su questo doppio binario interpretativo che Calvino imposta il suo commento a riguardo, parlando di classici come letture che possono leggersi nella gioventù e rileggersi in età adulta, con un approccio diverso e direttamente proporzionale al livello di maturità critica: una lettura affrontata in gioventù è una scoperta sempre nuova, mentre una lettura affrontata in età matura è qualcosa di più profondo, che ci consente di cogliere altre sfumature, molti più dettagli e significati. È l’esperienza di vita, quindi, a fare la differenza: nel giovane approccio impariamo a dare una forma alle esperienze future, individuando magari i modelli ai quali ci ispireremo; ri - leggere un libro in età matura significa rivedere in esso comportamenti e atteggiamenti che imputiamo al nostro modo di essere, cogliendo soltanto in quel preciso momento quanto quella lettura ci abbia influenzato, se è una rilettura, o quanto semplicemente ci appartenga, se è una prima lettura. In quel caso avremo individuato il “nostro” classico. I classici, dunque, sono quei libri che non ci lasciano indifferenti, perché esercitano un’influenza particolare su di noi, perché ci comunicano qualcosa.
L’errore che spesso si commette a scuola, però, è quello di introdurli attraverso la critica, i commenti e le interpretazioni che altri prima di noi hanno fornito di essi, impedendoci di venirne a stretto contatto. In realtà per capire se un libro è per noi un classico, se siamo in sintonia con esso, verificare se può stupirci, dobbiamo leggerlo in maniera diretta.
Solo una lettura diretta può introdurci davvero al suo significato, farci instaurare una relazione. Ma non è detto che quanto letto ci sorprenda: può capitare, infatti, che ciò che leggiamo confermi qualcosa che in realtà già sapevamo. Allora interpreteremo questa scoperta come ritrovamento di un legame con il passato, di un’origine, di un’appartenenza.
Resta però doveroso rispondere a come mettere in relazione i classici con quelle letture che classiche non sono. Problema che si esplica in una domanda, che riprendiamo testualmente da Calvino: Perché leggere i classici anziché concentrarci su letture che ci facciano capire più a fondo il nostro tempo? ma anche Dove trovare il tempo e l’agio della mente per leggere dei classici, soverchiati come siamo dalla valanga di carta stampata dell’attualità?
Anche su queste perplessità lo scrittore viene in soccorso. Per poter leggere i classici si deve stabilire da quale punto di vista leggerli, innanzitutto. La lettura di un classico beneficia principalmente chi è in grado di alternare sapientemente un classico con una lettura di attualità. E questo senza necessariamente avere quella calma interiore, quel tempo - lettura che sfugge alle nostre giornale campali.
L’ideale sarebbe sentire l’attualità come il brusio fuori dalla finestra, che ci avverte degli ingorghi del traffico e degli sbalzi metereologici, mentre seguiamo il discorso dei classici che suona chiaro e articolato nella stanza”.
Allora, piuttosto, perché non leggerli?


A voi tutti, buona ricerca!



The teacher




martedì 6 gennaio 2015

CLASSics


The Readers hanno deciso di "allargare" la famiglia...Nasce una nuova rubrica, curata da un'amica, una compagna di avventura, che da sempre condivide con noi l'enorme passione che ci contraddistngue e che, per questo, non abbiamo potuto fare a meno di coinvolgere.
The Teacher curerà con noi una sessione dedicata ai classici e alla letteratura per studenti in genere. Partendo dalla voglia di ravvivare lo spirito critico trai banchi di scuola e, perchè no, tra le mura accademiche, abbiamo pensato di provare a riproporre quella letteratura per i più retrodatata. Rendere i classici più fruibili, darne chiavi di lettura e infine proporre anche testi nuovi, che possano permettere agli studenti (e non) di conoscere, leggere e riflettere sempre più. Diamo quindi il via ad una nuova avventura, dando direttamente spazio a The Teacher che si e ci presenta con un post tutto da gustare!
Buona lettura,

The Readers


UN NUOVO INIZIO
Anche in una tranquilla e apparentemente comune mattina d’inverno può accadere qualcosa di straordinario o, sarebbe meglio dire, che rompe l’ordinarietà delle cose. Complici una calda tazza di thè verde da sorseggiare, che fa molto english, e una carica di entusiasmo fuori dal normale nel raccogliere una richiesta molto gradita.
Scrivere un post che inauguri una nuova sezione del blog.
Del resto, come dire di no alle Readers! Si, perché proprio loro, le cui idee talvolta hanno qualcosa di davvero geniale, hanno pensato di indossare nuovi panni e capire come si sentano i ragazzi che si cimentano nelle prime letture “scelte” e non “imposte”, magari dalla prof. di Italiano che rimanda alla centralità di un “classico della Letteratura”, che poi però, ahimè, per loro di classico spesso porta soltanto i segni di un’epoca passata.
Cercherò di spiegarvi un po’ il nostro programma, traendo ispirazione da un’intervista che nel lontano ‘700 coinvolgeva lo scrittore Pietro Verri come fondatore del famoso, e allora utilissimo, periodico milanese Il Caffè.
Cos’è questa sezione? È una sezione dedicata ai consigli per i più giovani, ma anche per chi vuole semplicemente lasciarsi guidare nella scelta di un buon libro, da un classico (nell’accezione di intramontabilità) a un attuale di tendenza.
Cosa conterrà? Libri vari, per far scoprire talenti vecchi e nuovi, accuratamente scelti per chiunque gradisca.
Come sarà scritta? Con uno stile che non annoi.
E fino a quando continuerete a curarla? Fino a quando avrà spaccio. Se il pubblico ne farà tesoro noi continueremo a scrivere.
Quale fine ha fatto nascere questo progetto? Il fine di una gradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene che possiamo.
L’intento è fare di Libroconduttore anche una vetrina, magari per giovani scoperte che, possibilmente, altri blog o riviste non hanno già recensito. Una nuova mission in cui sarò lieta di dare il mio contributo come teacher giovane e entusiasta del suo lavoro.
Per rompere il ghiaccio, però, ho scelto un libro che di nuovo ha ben poco, in quanto frutto della penna di un talento già noto. L’ho scelto perché solo da qualche giorno l’ho riposto sugli scaffali della mia piccola libreria personale e perché rientra tra quei romanzi che consiglierei di leggere, anche se non verrebbe mai definito “un classico” (e questa è già una novità).
Il romanzo in questione è Léonie e il suo autore è una donna già affermata nel panorama letterario contemporaneo. Stiamo parlando di Sveva Casati Modignani e di un racconto edito da Sperling e Kupfer nel 2012 per la collana Pandora. Ciò che superficialmente può definirsi “romanzo sentimentale” ma che è in realtà qualcosa che scruta nella parte più profonda dei sentimenti, di una donna (la giovane protagonista da cui l’autrice prende il nome), di un uomo (suo marito) e dei suoi cari, la nuova famiglia che l’ha accolta come una figlia, ospitandola nella cornice di una grande casa le cui pareti hanno visto l’avvicendarsi di tre diverse generazioni, tacendo segreti che sarebbe bene non svelare mai. Ma Léonie, ben lontana dalla tormentata Emma Bovary di altri tempi, è una donna che non ama i segreti, per cui scava nel passato in cerca di risposte che possano aiutarla a comprendere le dinamiche di una buona famiglia che si rispetti, quella che lei non ha mai avuto da bambina ma che adesso accudisce giorno dopo giorno. Eccetto uno, il 22 di Dicembre, in cui sceglie di ritagliarsi uno spazio suo e di nessun altro, a meno che questi non sia una persona davvero speciale.
Con il suo stile inconfondibilmente accessibile ai più, Léonie arriva dritto al cuore, ravvivando i sogni di giovani fanciulle, ma anche donne e inguaribili romantiche, che hanno il desiderio di lasciarsi cullare da un sentimento che non trascende mai nel melenso, aprendo l’anima e la mente di chi ama, o anche solo di chi attende che il suo sogno d’amore si avveri.
Non un’eroina ma una donna comune, che ama, soffre e si affanna per conquistare la felicità che tutti desideriamo nella vita.
Perché l’ho scelto? Perché ci fa riflettere sulle dinamiche che spesso si dispiegano all’interno delle mura domestiche e che risaltano le debolezze dell’uomo. Uno spaccato “in piccolo” sulla società odierna, popolata da personaggi divisi tra affetti personali e interessi lavorativi, proprio come accade per la nuova famiglia di Lèonie.
Perché leggerlo? Perché trasuda sincerità, ma anche perché dona speranza. La speranza che anche nei drammi familiari, che spesso la cronaca ci racconta finiti in tragedia, possa esserci una conclusione felice. Le storie d’amore, attraverso i tradimenti, ci fanno approdare ad una sola verità: l’amore è imperfetto.
Per le persone comuni, perché comprendano che un “lieto fine” è possibile, se lo si vuole.
The teacher