Breve lezione di storia letteraria...
A
circa un mese di distanza dal nostro ultimo appuntamento scegliamo di
raccontare qualcosa sul romanzo, uno dei prodotti letterari ad oggi
più diffusi, attraverso un quadro della sua evoluzione a cavallo dei
secoli Otto e Novecento, quando il genere cominciò a diffondersi in
Italia e a raggiungere finalmente il suo successo.
Nonostante
la diffusione e il successo del pubblico, il genere del romanzo
all’inizio dell’Ottocento non è ancora stato legittimato poiché
considerato dagli intellettuali di professione e dai classicisti un
prodotto di bassa qualità, destinato a un pubblico scarsamente
raffinato. È il Romanticismo che mostra per primo entusiasmo
nell’accogliere la varietà e la duttilità del nuovo genere
letterario: esso diviene lo strumento principale per realizzare la
letteratura “popolare”, che deve cancellare la classica
separazione degli stili e superare il ritegno del letterato di fronte
alla realtà. L’Ottocento può dunque essere definito il secolo del
romanzo, in quanto è il periodo in cui questo genere letterario
emerge come forma privilegiata di comunicazione, perché si rivolge a
un uditorio più ampio, consente l’approfondita autoanalisi, la
trattazione dei caratteri individuali, la descrizione di ambienti e
la rappresentazione di un’epoca storica.
Tipico
prodotto dell’età romantica è il
romanzo storico,
genere che unisce la passione per la storia alla predilezione per il
genere popolare. Il lettore è attratto dall’aspetto esotico,
desueto e pittoresco di usi e costumi antichi, ora attualizzati con
una ricostruzione del passato più o meno fedele. Il romanzo storico
si presta a rispondere nel modo più completo a queste molteplici
esigenze mediante una felice sintesi di storia e immaginazione, una
formula di cui lo scozzese Walter Scott è l’inventore.
A
partire dagli anni venti dell’Ottocento, sebbene con un forte
ritardo rispetto a quanto già avvenuto in Europa, il romanzo ottiene
successo e diffusione popolari anche in Italia, divenendo il
principale strumento di raccordo con il passato (altri strumenti
fondamentali sono il melodramma
e la novella
in versi),
anche se i letterati italiani hanno difficoltà ad accogliere un
modello moderno e borghese di narrativa che contrappone alla consueta
tradizione poetica una nuova oggettività di espressione. La forma e
i contenuti del romanzo vengono ostacolati specialmente dai
classicisti, perché caratteristici di quel movimento romantico che
aveva generato tante polemiche nella retroguardia tradizionalista.
Una volta affermatosi, tuttavia, il romanzo storico italiano si
orienta su due modelli di narrazione, quello “pittoresco” di
Scott e quello più aderente al “vero” di Manzoni.
Intorno
agli anni trenta dell’Ottocento però, mentre la fortuna del
romanzo storico cresce, nasce il romanzo
realista,
che si propone di ritrarre il vero con assoluta fedeltà e in ogni
suo aspetto. La nuova realtà storica, che vede lo sviluppo della
città, il consolidamento di una borghesia imprenditoriale,
l’affermazione industriale e lo sviluppo della classe operaia,
trova in questo tipo di romanzo la massima espressione: gli interni
domestici della borghesia, i vizi, le aspirazioni e le miserie morali
dei singoli, che cercano di salire la scala sociale, costituiscono la
materia per la rappresentazione dell’uomo inserito all’interno
del contesto politico e sociale di cui fa parte. Così il romanzo
realista accoglie le sue più svariate dimensioni. Il motivo
del carcere,
della reclusione, si presta a suggestive analisi testuali. La
prigione da un lato è il luogo dell’oppressione, dove sono
rinchiusi i patrioti che partecipano ai moti liberali, dall’altro è
il luogo dove l’individuo può isolarsi dalla società e riflettere
su se stesso. La prigionia diventa perciò quasi una sorta di
esperienza formativa, perché attraverso la solitudine e la
sofferenza l’individuo riesce ad attribuire un valore profondo alle
cose e a ricercare una più sincera comunicazione con il prossimo. Il
carcere non è soltanto concepito come luogo reale ma anche come
luogo dell’anima, perché l’individuo è perennemente prigioniero
della società, della propria incapacità di comunicare, di se
stesso, e questo annulla la differenza tra prigionia fisica e
mentale.
Nel
romanzo realista, impegnato nella ricostruzione del presente, eroi e
personaggi di fantasia si scontrano con avvenimenti e personaggi
della storia contemporanea. Il mito
di Napoleone
costituisce un aspetto particolare di questa tendenza: nel bene o nel
male la carismatica figura del personaggio si impone fortemente
nell’immaginario ottocentesco e la scena, reale o immaginaria,
dell’incontro col personaggio diventa un vero e proprio topos
letterario. Con il passare del tempo tale situazione narrativa tende
però ad assumere un senso diverso: nelle “Confessioni di un
italiano” di Ippolito Nievo l’interesse tende a spostarsi sul
personaggio che incontra Napoleone mentre il grande conquistatore
viene sempre più umanizzato e i suoi lati negativi rappresentati
come piccole vanità, ipocrisie, meschinità.
Nella
seconda metà dell’ottocento il romanzo storico entra decisamente
in crisi. La tecnica narrativa alterna la prima e la terza persona,
adotta un punto di vista interno, soggettivo, parziale e
autoanalitico. Si sviluppa poi il filone
umoristico,
di ascendenza settecentesca, che sceglie il dialogo con la
contemporaneità. L’io – narrante segue un racconto riflessivo e
divagante, in cui si fondono serietà, brio, imprevedibilità. Il
fervore etico e patriottico, che si era prima applicato alla storia
passata comincia a estendersi all’attualità e a investire vicende
e figure della vita contemporanea. La prospettiva del narratore
onnisciente (il punto di riferimento obbligato è Manzoni) viene
sostituita dalla voce dell’io narrante che è, al tempo stesso,
attore e regista del racconto.
The teacher
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